Licenziamento per abuso legge 104

Il lavoratore che abusa della Legge 104 può essere licenziato

La Corte di Cassazione si è espressa con la sentenza n.1394/2020 in merito alla relazione intercorrente tra un lavoratore dipendente e la Legge 104.

La suprema corre ha infatti respinto il ricorso di un dipendente licenziato dal datore per giusta causa (abuso dei permessi previsti dalla Legge 104).

In tal modo infatti è stato rievocato un fondamentale principio settoriale, ovvero quello di utilizzare questi permessi solo ed esclusivamente per motivazioni concernenti l’assistenza al familiare disabile.

In caso contrario invece, il lavoratore esercita un abuso del suo diritto, che consente dunque al datore di lavoro in qualunque circostanza di provvedere al licenziamento, considerato legittimo.

Le ragioni esperite dalla Corte sull’abuso dei permessi 104

Il tribunale di primo grado e la Corte d’Appello hanno dunque dichiarato che il licenziamento del dipendente esperito, nella data circostanza del caso in esame, dalla datrice di lavoro, fosse lecito, per abuso dei permessi previsti alla legge 104/1992.

Secondo il giudice de quo era vera e avvalorata la prova che l’azienda aveva propinato circa i quattro permessi di cui il lavoratore aveva goduto, stante all’art 33 comma 3 della legge n. 104/1992.

Tali prove erano state raccolte, e poi elaborate in una relazione, da una agenzia investigativa che aveva ricevuto mandato dall’azienda di tenere d’occhio il lavoratore durante le ore di permesso.

Si è evinto così in giudizio, dalle testimonianze dell’acceleratore, che nelle quattro giornate valse come permesso, il lavoratore era stato sì dal padre, ma non si era trattenuto più di tanto.

Anzi pare che lo stesso fosse andato a trovare il genitore non nelle ore di permesso ma in occasione della pausa pranzo.

Il ricorso in Cassazione del dipendente licenziato per abuso legge 104

Dinanzi alla sentenza del giudice, il dipendente ha fatto ricorso in Cassazione, dal momento che la corte territoriale non aveva considerato il contenuto dell’art. 33 comma 3 della legge n. 104/1992 nel punto in cui non viene imposta la coincidenza tra tempo del permesso e tempo da dedicare all’assistenza del disabile.

Tuttavia la Corte ribadisce che la legge 104 non può essere utilizzata per occuparsi di faccende personali.

Infatti, con la sentenza suddetta, è stato respinto il ricorso del dipendente, in quanto contrario da quello che stabilisce il poc’anzi citato articolo 33 al comma 3.

La legge 104 nasce infatti ai fini assistenziali nei riguardi del disabile per cui esso si pone in relazione causale diretta con la cura dell’invalido.

È completamente inammissibile dunque il comportamento di chi si avvale di tali permessi per poi svolgere altre tipologie di attività.

Un simile comportamento infatti si pone come violazione dei principi di buona fede e correttezza verso il datore e l’Ente Assicurativo.

Colui che si avvale del permesso, può utilizzarlo in qualunque momento ma solo per assistere un parente, laddove assistenza può significare anche disbrigo di incombenze amministrative e di pratiche di vario genere.

La cosa importante è che il tempo sottratto al proprio lavoro sia realmente impiegato ai fini assistenziali e non per altre motivazioni.

Stante a quanto stabilito dalla Corte infatti, il lavoratore che non utilizza il permesso riconosciuto dall’art 33 comma 3 della legge 104/1992 per curare il familiare disabile con il suo comportamento “integra un abuso del diritto in quanto priva il datore di lavoro della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente ed integra nei confronti dell’Ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un’indebita percezione dell’indennità ed uno sviamento dell’intervento assistenziale.”

Il precedente della cassazione sulla legge 104

Già in una precedente sentenza, n. 18411/2019, la Corte di Cassazione aveva considerato legittimo il licenziamento di un dipendente che si era avvalso di due giorni di permesso per la legge 104, e invece di assistere la zia, era rimasto a casa sua a riposare.

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